Non si sa nulla sull'origine del nome, nella cartografia antica veniva chiamata "Aquaviva". d'Isernia è stato aggiunto in tempi abbastanza recenti per distinguerla da altri comuni che hanno lo stesso nome.
La leggenda vuole che prima dell'anno mille una colonia di arabi si fermò ad Acquaviva convertendosi al cristianesimo. Forse c'è qualche fondamento di verità. E' forse questa colonia che elesse Sant'Anastasio protettore dei paese.
La prima notizia storica si ha nel Chronicon quando si chiedeva la mediazione del papa da parte del cenobio benedettino di San Vincenzo, per riavere Acquaviva ed altri territori che erano stati occupati da parte dell'usurpatore.
Dell'usurpatore non si fa il nome ma certamente era la famiglia Borrello che dal 1045 aveva preso i territori che precedentemente erano sotto la giurisdizione del convento di San Vincenzo.
La mediazione era del papa Alessandro II nel 1064.A questa famiglia si deve la costruzione del castello. In effetti è stato trovato durante una ristrutturazione su la chiave di una porta la data '1112"Il territorio di Acquaviva era certamente abitato anche prima perché il Ciarlanti riporta che nel territorio ci fu il martirio dei santi Casto e Cassio all'epoca delle persecuzioni dei cristiani da parte degli imperatori romani. Il martirio di detti santi, la tradizione vuole sia stato nella località detta 'MRCUN RIARS".
In questa località doveva esserci un tempio dedicato ad Apollo .
Forse il luogo non è quello ma dovrebbe ricercarsi nella località "ara vecchia " perché "ara" certamente non sta per "aia" ma per "ara" ossia "altare".
E anche questa località non è distante dal tratturo Pescasseroli I i -Candela". Doveva essere uno dei tanti templi a lato del tratturo. Che il luogo abbia origini sannite è quasi certo ancora oggi esiste la località " Zaffin" dal sannita "Seafim". Acquaviva fece parte della terra Burellensis quasi certamente fino al 1269 quando Carlo I° D'Angiò la concesse a Filippo d'Angosa e per mancanza di eredi alla costui morte a Matteo di Rossiago, ambedue cavalieri francesi. Nel 1317 era posseduta da Jacovella di Ceccano, che Roberto d'Isernia aveva sposato in seconde nozze. Fra 1 1345 e 1350 la regina Giovanna I assegnò Acquaviva in feudo a Jacopo Cantelmo conte di Popoli. Nella situazione fiscale del 1648 per Acquaviva viene tassato Santo de Santo di cui non si hanno notizie. Nella seconda metà del secolo XVII venne acquistata da Andrea Carmígnano la cui famiglia la detenne fino all'eversione della feudalità. (sotto i napoleonidi). I Carmignano possedevano anche il Feudo Spina su cui gli acquavivesi avevano il diritto di " legnare, ghiandaie e pascolare" dal 25 dicembre fino al 24 settembre, ma sembra che per un giuramento falso fatto dal sindaco dell'epoca (1808) al Commissario ripartitore Zurlo gli acquavivesi persero questo diritto quando nel 1832 il feudo passò ai Laurelli.
Il Fraia- Frangipane scrive di Acquaviva - " Era una volta chiusa con muri forti d'intorno, con quattro torri ad uso di castello con una sola porta, che veniva ogni sera serrata, ma nel terremoto del 1786, quando cadde Sulmona ai 22 novembre diventò un mucchio di pietre colla morte di 20 cittadini e non pochi feriti, restando gli altri, che rimanevano ai lavori della campagna." li Gattola ci da presso a poco la stessa notizia.
Le mura di cinta dovevano andare presso a poco come ipotizzarono Francesco De Vincenti e Davide Monaco nelle " Considerazioni storiche sul territorio di Acquaviva d'Isernia" pubblicato nel'Almanacco del Molise del 1992. Se ne può essere quasi certo in quanto in un appunto ritrovato si parla di un terraneo ceduto dai Signori Loreto ed Arcangelo Berardi al Marchese Carmignano nel 1746 . Si riferisce al fabbricato a sinistra salendo la gradinata della chiesa. Può dimostrare che il fabbricato era inglobato nella mura.
E II nome " Portella" sta certamente ad indicare che vi era una porta secondaria. E' Stato sempre comune a se ad eccezione del periodo fascista che per qualche anno fu aggregata a Forlì del Sannio. Acquaviva ha fatto sempre parte della diocesi di Montecassino ( avendo il Monastero di Montecassino ereditato le pertinenze di San Vincenzo al Volturno), da qualche anno fa parte della Diocesi di Isernia —Venafro.Il protettore è Sant'Anastasio che si festeggia il 22 gennaio. La sera del 21 c'è il " fuoco" che si accende in mezzo alla piazza. Precedentemente ogni quartiere aveva il suo piccolo fuoco. Si bruciano in prevalenza ginepri e ginestre che nei giorni precedenti vengono trasportati con ogni mezzo.
In disuso, negli ultimi anni, è venuto il fuoco che si faceva il 17 gennaio in occasione della festa di Sant'Antonio Abate (Sont'Antuon) : In quest'occasione si facevano, come il 31 dicembre " r'Sciusc". E' andato in disuso anche il girare per le case la sera di San Silvestro per "L' V'stet'ra". Era un'usanza, che si augura venga ripresa,con canti e suoni. Si prendevano in giro gli abitanti, si cantavano stornelli anche un po' piccanti ( come ad esempio " Bella fgliola' ecc. ed alla fine si augurava il buon anno con il ritornello " Santi Salviestr colli chiavi d'oro " Il giorno di lunedì in albis si andava alla Madonna e con il ritornello " Cummare e Cummarella" con gli anulari incrociati sotto la fontana, si faceva a "Cumm.ar d'Anieglj".
La popolazione. Erano 60 fuochi nel 1669; 360 abitanti nei 1780; 400 nel 1790; 422 1795; 655 ne 1835; 591 nel 1848; 616 nel 1861; 765 nel 1901; 884 nel 1911. Esisteva una congregazione di carità che nel 1902 aveva una rendita di L. 497. C'era anche il monte frumentario che nel 1902 aveva un bilancio di L. 45.
A cura di Angelo Berardi